Archivio mensile:febbraio 2021

Vera religione cristiana (695-696)

695. La quarta. Attualmente gran parte di coloro che credono nella vita dopo la morte, credono anche che nel cielo i loro pensieri non saranno che pensieri di devozione, le loro parole che preghiere, e che le une e le altre, con l’espressione dei volti e gli atti del corpo, non saranno che glorificazioni di Dio; che così le loro case saranno tante case di culto o sacri oratori, e che di conseguenza tutti, diverranno sacerdoti di Dio. Ma io posso asseverare che là le cose sante della chiesa non occupano le menti e le case più di quanto lo occupino nel mondo dove Dio è celebrato con un culto, sebbene il culto là sia più puro e più interiore; ma, le varie cose che concernono la prudenza civile, e la varie cose che concernono l’erudizione razionale, lì sono nella loro eccellenza. Un giorno fui trasportato nel cielo e condotto in una società, dove erano dei savi, che nei secoli antichi primeggiarono in erudizione, in virtù delle loro veglie e meditazioni sulle cose che riguardavano la ragione e allo stesso tempo l’uso, e i quali erano già nel cielo perché avevo creduto in Dio, ed ora credono nel Signore, perché avevano amato il prossimo come se stessi; e quindi fui introdotto nella loro assemblea; e là mi fu domandato da dove provenissi; ed io dichiarai che con il corpo ero nel mondo naturale, e con lo spirito nel loro mondo spirituale. Udito ciò, quegli angeli se ne rallegrarono, e mi dissero: nel mondo dove tu sei col corpo che cosa si intende circa l’influsso? E allora, dopo aver rammentato quel che ne avevo attinto nei discorsi e negli scritti degli autori celebri, risposi che non si conosce ancora alcun influsso del mondo spirituale nel mondo naturale, ma che si parla dell’influsso della natura nelle cose provenienti dalla natura; per esempio, dell’influsso del calore e della luce del sole nei corpi animati, come pure negli alberi e negli arbusti, da cui proviene la loro vivificazione; e viceversa, dell’influsso del freddo nei medesimi esseri, da cui proviene il loro stato come di morte. Inoltre, dell’influsso della luce negli occhi, da cui risulta la vista; dell’influsso del suono nelle orecchie, da cui risulta l’udito, dell’influsso del odore nelle narici, da cui risulta l’odorato e così di seguito. Inoltre, gli eruditi di questo secolo ragionano in diversi modi sull’influsso dell’anima nel corpo, del corpo nell’anima, e su questo soggetto sono divisi in tre fazioni, cioè se vi è un influsso dell’anima nel corpo, influsso che chiamano occasionale, in caso di incidenti sui sensi del corpo; o se vi è un influsso del corpo nell’anima, influsso che chiamano fisico, perché gli oggetti colpiscono i sensi, e attraverso i sensi, l’anima; ovvero se vi è un influsso simultaneo e istantaneo nel corpo e allo stesso tempo nell’anima, influsso che chiamano armonia prestabilita. Tuttavia, ciascuno pensa del suo influsso che esso esiste dentro la natura. Alcuni credono che l’anima sia una particella o una goccia di etere; altri che sia un globulo o una particella di calore e di luce; altri che sia un certo etere che si nasconde nel cervello; ciò nondimeno, qualunque cosa sia per essi l’anima, alcuni la chiamano spirituale, ma per spirituale intendono un naturale più puro, perché essi non sanno nulla del mondo spirituale, né dell’influsso di questo mondo nel mondo naturale; perciò rimangono dentro la sfera della natura, e in questa sfera salgono e scendono,ed in essa si levano come le aquile nell’aria; ora coloro che dimorano nella natura, sono come gli indigeni di un’isola in mezzo al mare, che non sanno che esiste un’altra terra fuori dalla loro isola; sono come i pesci di un fiume, che non sanno che al di sopra delle loro acque vi sia dell’aria; così, quando si dice che esiste un altro mondo, distinto dal loro mondo, dove abitano gli angeli e gli spiriti, da cui proviene ogni influsso negli uomini, e ancora ogni influsso interiore negli alberi, essi rimangono meravigliati come se udissero raccontare le apparizioni degli spettri, o le cianfrusaglie degli astronomi. Eccettuati i filosofi, gli uomini contemporanei nell’orbe terracqueo, dove sono con il corpo, non pensano e non parlano d’altro influsso, che dell’influsso del vino nei bicchieri, dell’influsso del cibo e delle bevande nel ventre e del gusto nella lingua, e forse ancora dell’influsso dell’aria nel polmone, e così via dicendo. Ma se costoro odono qualcosa dell’influsso del mondo spirituale nel mondo naturale dicono: Che influisca; se pure influisse, a che giova, e a che cosa è utile sapere ciò? E se ne vanno; e poi quando parlano di quel che hanno udito circa con l’influsso, se ne divertono, come alcune persone si divertono con dei bruscoli tra le dita. Poi ebbi con quegli angeli una conversazione sulle meraviglie che derivano la loro esistenza dall’influsso del mondo spirituale nel mondo naturale; per esempio sulle meraviglie dei vermi, quando divengono farfalle, come pure su quelle delle api e dei fuchi, sulle meraviglie dei bachi da seta e ancora su quelle dei ragni e su questo, che gli abitanti della terra le attribuiscono alla luce del sole, e così alla natura; e ciò che molte volte mi ha sorpreso è che dall’osservazione di queste meraviglie essi confermano per la natura, e attraverso le conferme in favore della natura introducono nelle loro menti il sonno e la morte, e divengono atei. Poi io parlai delle meraviglie dei vegetali, consistenti in ciò che esse si susseguono tutte in ordine regolare, dal seme fino ai nuovi semi, assolutamente come se la terra sapesse accomodare i suoi elementi alla potenzialità prolifica del seme, farne uscire il germe, dilatarlo in tronco, trarre dal tronco anche dei rami, vestirli di foglie, poi ornarli di fiori, poi dagli interiori dei fiori iniziare a produrre dei frutti, e attraverso i frutti, dei semi come prole, affinché il vegetale rinasca. Ma dato che queste cose, per un continuo aspetto e per un perpetuo ritorno sono divenute familiari, ordinarie e comuni, gli uomini le considerano non come meraviglie, ma come meri effetti della natura; ed essi giudicano così unicamente perché ignorano che vi è un mondo spirituale, e che questo mondo dell’interiore opera e attua ogni singola cosa che esiste ed è formata nel mondo naturale e sulla terra, ed agisce come la mente umana nei sensi e nei movimenti del corpo; e ancora che tutte le cose della natura sono come tuniche, guaine e camicie, che avvolgono delle cose spirituali, e producono gli effetti corrispondenti al fine che si è proposto Dio creatore.
696. La quinta. Un giorno pregai il Signore affinché mi fosse dato di parlare con i discepoli di Aristotele e allo stesso tempo con i discepoli di Cartesio e di Leibniz, allo scopo di attingere le opinioni della loro mente sull’interazione dell’anima e del corpo. Dopo la mia preghiera, si presentarono nove uomini, tre aristotelici, tre cartesiani e tre seguaci di Leibniz. Essi si fermarono intorno a me, al lato sinistro i seguaci di di Aristotele, al lato destro i seguaci di Cartesio e dietro i seguaci di Leibniz. Da lontano, a una certa distanza, separati da intervalli, vidi tre uomini che parevano coronati di lauro, e per una percezione che influiva dal cielo, io conobbi che erano gli stessi antesignani o maestri. Dietro Leibniz c’era uno che teneva con la mano un lembo della sua veste, e mi può detto che era Wolf. Quei nove uomini guardandosi reciprocamente si salutarono prima in un tono civile e si misero a conversare. Ma subito salì dall’inferno uno spirito con una fiaccola nella mano destra, e l’agitò davanti alle loro facce; quindi essi diventarono nemici, tre contro tre, e si guardavano con volto torvo, perché il furore di contendere e disputare li aveva invasi. E allora gli aristotelici che erano anche scolastici cominciarono dicendo: Chi non vede che gli oggetti influiscono attraverso i sensi nell’anima, nella stesso modo in cui un uomo entra dalla porta in una camera, e che l’anima pensa secondo l’influsso? Quando un amante vede la sua bella vergine o promessa sposa, il suo occhio non scintilla forse e porta il suo amore all’anima? Quando un avaro vede delle borse piene di danaro, i suoi sensi non ardono forse e quindi non portano questo ardore all’anima, e non vi eccitano un vivo desiderio di possederle? Quando un orgoglioso si sente lodare da qualcuno, non ascolta forse attentamente, e le sue orecchie non portano forse quelle lodi all’anima? I sensi del corpo non sono forse come vestiboli, per i quali unicamente ha luogo l’ingresso all’anima? Chi da questi e mille altri esempi simili non può concludere che l’influsso viene dalla natura, ovvero che è fisico? I seguaci di Cartesio, che tenevano le loro dita sotto la fronte e che allora le ritirarono, risposero a quegli argomenti dicendo: Voi parlate secondo le apparenze; non sapete voi che non è l’occhio che ama la vergine promessa sposa, ma che è l’anima? Ed egualmente che non è neppure da sé che i sensi del corpo desiderano ardentemente le borse piene di danaro, ma è dall’anima? Egualmente, che neppure le orecchie capiscono altrimenti le lodi degli adulatori? Non è forse la percezione che fa sentire; e la percezione non appartiene forse all’anima, e non all’organo? Dite, se lo potete, c’è altro oltre il pensiero che faccia parlare la lingua e le labbra? C’è altro oltre la volontà che faccio operare le mani? Ora il pensiero e la volontà appartengono all’anima. Di conseguenza, cosa rende possibile che l’occhio veda, le orecchie odano e tutti gli altri organi sentano, siano attenti e avvertano gli oggetti, se non l’anima? Di questi argomenti e mille altri simili, chiunque si eleva per sapienza al di sopra dei sensi del corpo, conclude che non c’è un influsso del corpo nell’anima, ma che c’è un influsso dell’anima nel corpo, influsso che noi chiamiamo occasionale, e anche spirituale. I tre uomini che stavano dietro le triadi precedenti, che erano i seguaci di Leibniz, avendo udito queste parole, alzarono la voce dicendo: Noi abbiamo udito gli argomenti addotti dall’una e dall’altra parte e li abbiamo confrontati, e abbiamo percepito che in molti punti i secondi prevalgono sui primi, in molti punti primi prevalgono sui secondi; se dunque voi lo permettete, noi comporremo la lite. Interrogati circa il modo in cui avrebbero fatto ciò, risposero: Non c’è né influsso dell’anima nel corpo, né un influsso del corpo nell’anima, ma c’è un’operazione unanime e istantanea di entrambi insieme, operazione anche il nostro celebre autore ha segnalato con un bel nome chiamandola armonia prestabilita. Terminata questa discussione lo stesso spirito con la fiaccola in mano apparve di nuovo, ma questa volta egli aveva la fiaccola nella mano sinistra; ed egli l’agitò dietro il loro occipite, di conseguenza le idee di tutti divennero confuse, ed esclamarono insieme: A quale di queste affermazioni aderiremo? Né la nostra anima, né il nostro corpo lo sa; risolviamo dunque la questione a sorte, e noi aderiremo all’affermazione che sarà sorteggiata. Ed essi presero tre biglietti, e scrissero sopra l’uno, influsso fisico, sopra l’altro, influsso spirituale e sul terzo, armonia prestabilita, e li misero tutti e tre in fondo ad un berretto, e scelsero uno fra essi per tirare a sorte; e questi, messa la mano dentro, tirò il biglietto sul quale era scritto influsso spirituale; quel biglietto, essendo stato veduto e letto, tutti dissero, gli uni però con un suono chiaro e scorrevole, gli altri con un suono scuro e contratto: Aderiamo all’influsso spirituale poiché è stato sorteggiato. Ma immediatamente allora un angelo si presentò e disse: Non crediate che il biglietto per l’influsso spirituale sia uscito a caso perché è stato provveduto in tal senso. Infatti poiché voi siete in idee confuse, non vedete la verità di questo influsso, ma la verità si è presentata essa stessa alla mano affinché voi vi aderiate.

Vera religione cristiana (693-694)

693. La seconda. Alcune settimane dopo, udii una voce dal cielo che mi disse: Ecco di nuovo un congresso nel Parnasso; avvicinati, noi ti mostreremo la via. Mi avvicinai, quando fui presso di loro, vidi sull’Elicona un tale con una trombetta con la quale annunciava e indiceva il congresso. E vidi, come precedentemente, degli spiriti salire dalla città di Ateneo e dai dintorni e in mezzo a loro, tre novizi arrivati dal mondo; essi erano tutti e tre cristiani, uno prete, il secondo politico e il terzo filosofo; si dilettavano, strada facendo, con una conversazione su diversi soggetti, principalmente sui savi antichi, che erano menzionati per nome; si domandavano se li avrebbero veduti. Fu risposto loro che li avrebbero visti, e che se lo desideravano, potevano salutarli perché sono affabili. Essi domandarono di Demostene, di Diogene e di Epicuro. Fu loro risposto: Demostene non è qui, ma presso Platone; Diogene, insieme a quelli della sua scuola dimora sotto l’Elicona, per la ragione che egli reputa le cose mondane come niente, e non si occupa che delle cose celesti. Epicuro abita ad Occidente sui confini, e non entra da noi, perché noi distinguiamo fra le affezioni buone e le affezioni malvagie, e diciamo che le affezioni buone sono con la sapienza e le affezioni malvagie, contro la sapienza. Quando furono saliti sulla collina del Parnasso, alcuni custodi portarono dell’acqua lì attinta dalla fontana in vasi di cristallo, e dissero: E’ l’acqua della fontana, di cui favoleggiarono gli antichi che il cavallo Pegaso avesse fatto scaturire, percuotendo la terra con l’unghia della sua zampa, e la quale fu poi consacrata a nove vergini. Ora, per il cavallo alato, Pegaso, gli antichi hanno inteso l’intelletto della verità, per il quale esiste la sapienza; per le unghie della sua zampa, intesero l’esperienza per mezzo della quale si acquista l’intelligenza naturale; e per le nove vergini, intesero le conoscenze e le scienze di ogni genere. Queste cose attualmente sono chiamate favole, ma esse erano corrispondenze, secondo le quali si esprimevano gli uomini dell’antichità. Quelli che accompagnavano i tre nuovi arrivati, dissero a questi: Non siate meravigliati; i custodi sono istruiti a parlare così; e noi per bere l’acqua della fontana, intendiamo essere istruiti intorno le verità, e per mezzo delle verità, intorno ai beni, e così avere della sapienza. Poi entrarono nel Palladio, e con loro i tre novizi arrivati dal mondo, il prete, il politico e il filosofo; e allora coloro che erano coronati di lauro, i quali sedevano presso le tavole, domandarono: Che c’è di nuovo dalla terra? E quelli risposero: C’è di nuovo che un uomo pretende di parlare con gli angeli, e avere la vista aperta nel mondo spirituale, come l’ha aperta nel mondo naturale; ed egli racconta molte novità, fra le quali questa, che l’uomo vive dopo la morte, come prima nel mondo; vede, ode e parla come prima nel mondo; si veste e si adorna parla come prima nel mondo; ha fame e sete, mangia e beve, come prima nel mondo; gode delle delizie coniugali come prima nel mondo; che egli dorme ed è sveglio come prima del mondo; che vi sono terra e laghi, monti e colline pianure e valli, fontane e fiumi, giardini e boschi; inoltre che vi sono palazzi e case, città e villaggi, come nel mondo attuale; e che vi sono ancora scritture e libri, impieghi e commerci, nonché pietre preziose, oro e argento; in una parola, che vi sono tutte le cose che sono sulla terra; e che nei cieli esse e sono infinitamente più perfette, con la sola differenza che tutte le cose che sono nel mondo spirituale, sono di origine spirituale, e quindi spirituali, perché procedono dal sole spirituale, che là è il puro amore; viceversa, tutte le cose che sono nel mondo naturale sono di origine naturale, e quindi sono naturali e materiali, perché perché procedono dal sole dal mondo naturale, che è puro fuoco; in breve, che l’uomo dopo la morte è perfettamente uomo, anzi più perfettamente uomo che prima nel mondo; perché prima nel mondo egli era in un corpo materiale, mentre nel mondo spirituale è in un corpo spirituale. Dopo che ebbero detto ciò, gli antichi savi domandarono quel che si pensa intorno a queste cose sulla terra. Quei tre dissero: Quanto a noi, sappiamo che queste cose sono vere, poiché siamo qui, e abbiamo visitato ed esaminato tutto; diremo dunque come se ne parla e se ne ragiona sulla terra. E allora il prete disse: Inizialmente, quando coloro che sono nel nostro ordine udirono tali racconti, li chiamarono visioni e in seguito finzioni; poi dissero che quell’uomo aveva veduto dei fantasmi, e infine esitarono e dissero: Credete, se volete; in quanto a noi, abbiamo sino ad ora insegnato che l’uomo dopo la morte non sarà in un corpo prima del giorno dell’ultimo giudizio. E fu domandato al prete se non c’erano fra essi alcuni uomini intelligenti, che potessero dimostrare loro questa verità, e convincerli che l’uomo vive uomo dopo la morte. Il prete disse: Ce ne sono che lo dimostrano, ma essi non convincono. Quelli che lo dimostrano dicono che è contro la santa ragione credere che l’uomo non viva uomo prima del giorno dell’ultimo giudizio, e che l’anima intanto è senza corpo; allora che cos’è l’anima, e dov’è in questo frattempo? E’ forse un soffio o un vento che volteggia nell’aria, o un ente rinchiuso nel centro della terra dov’è il suo non so che luogo? O che le anime di Adamo ed Eva, di tutti quelli che vissero dopo di loro ora, dopo seimila anni o sessanta secoli, volteggiano ancora nell’universo, o sono tenute chiuse nel centro della terra, aspettando l’ultimo giudizio? Che cosa di più penoso e di più miserabile che una tale aspettativa? La loro sorte non può forse essere paragonata alla sorte di coloro che sono in carcere legati con manette e ceppi? Se tale fosse la sorte che attende l’uomo dopo la morte non varrebbe meglio nascere asino che nascere uomo? Non è anche contro la ragione credere che l’anima può essere di nuovo rivestita del suo corpo? Il corpo non è stato forse roso da vermi, topi e pesci? E le ossa arse dal sole o ridotte in polvere, come potrebbero rientrare in questo nuovo corpo? E in che modo le materie putrefatte si raccoglierebbero e si unirebbero alle anime? A questi ragionamenti, quando li odono, essi non rispondono nulla di ragionevole, ma rimangono attaccati alla loro fede, dicendo: A questi ragionamenti noi teniamo la ragione sotto l’obbedienza della fede. Quanto alla riunione di tutti i morti, che uscirebbero dalle tombe, nel giorno dell’ultimo giudizio, essi dicono: E’ opera dell’onnipotenza; e quando nominano l’onnipotenza e la fede, la ragione è bandita; io posso dire che allora la sana ragione è come niente, e per alcuni come uno spettro; anzi essi possono dire alla sana ragione: Tu sragioni. Udito ciò i savi della Grecia dissero: Quei paradossi non si dissipano da sé stessi come contraddittori? Eppure oggi nel mondo non possono essere dissipati dalla sana ragione. Che cosa si può credere di più paradossale che quel che si racconta dell’ultimo giudizio, che allora l’universo perirà e che le stelle del cielo cadranno sulla terra, la quale è più piccola delle stelle; e che i corpi degli uomini, allora cadaveri o mummie consumate dagli uomini o ridotte a niente, saranno riuniti alle loro anime? Noi, quando eravamo nel mondo , credemmo all’immortalità delle anime degli uomini dalle conclusioni che la ragione ci somministrava, e inoltre designammo per i beati quei luoghi che noi chiamiamo campi elisi, e credemmo che quelle anime erano effigi o forme umane, ma attenuate, in quanto spirituali. Dopo aver detto ciò, si rivolsero al secondo nuovo arrivato, che nel mondo era stato politico. Costui confessò che egli non aveva creduto alla vita dopo la morte e che circa le novità che ne aveva udito, aveva pensato che fossero finzioni e invenzioni. Meditando su questa vita futura, io dicevo: Come le anime possono essere corpi? Tutto quel che appartiene all’uomo non giace forse morto nella tomba? Se qualche cosa dell’uomo vivesse dopo la morte, non sarebbe nient’altro che una larva? Come può una larva mangiare e bere, e come può godere le delizie coniugali? Dove prende essa le vesti, una casa, degli alimenti e il resto? E le larve, che sono immagini aeree, appaiono come se esistessero, e tuttavia non esistono. Io avevo nel mondo questi pensieri e altri simili sulla vita degli uomini dopo la morte; ma ora che ho visto e toccato tutto con le mie mani, sono convinto per gli per gli stessi sensi, che io sono uomo come lo ero nel mondo a tal punto che non so altro se non che io vivo come vissi, con la differenza che ora la mia ragione è più sana; alcune volte mi sono vergognato dei miei pensieri anteriori. Il filosofo narrò di sé cose simili; con questa differenza però, che egli pose quelle novità che aveva udito sulla vita dopo la morte, nel novero delle opinioni e delle ipotesi che aveva raccolto dagli antichi e dai moderni. I savi erano stupefatti di quel che avevano udito; e quelli della scuola di Socrate dissero che da quelle notizie della terra essi percepivano che gli interiori delle menti umane si erano progressivamente chiusi, e che ora nel mondo la fede del falso splende come la verità e la stravaganza dell’ingegno come la sapienza; e che la luce della sapienza, dopo i tempi in cui essi vissero al mondo, si era abbassata dagli interiori del cervello, nella bocca, sotto il naso, dove quella luce appare dinanzi agli occhi come splendore del labbro, e quindi la loquela della bocca come sapienza. Dopo aver udito quelle stesse cose uno degli allievi di questa scuola disse: Quanto sono stupide oggi le menti degli abitanti della terra! Oh se fossero qui i discepoli di Democrito ed Eraclito, di cui gli uni ridevano di tutto e gli altri piangevano di tutto, che risa e che pianti udiremmo noi! Dopo la seduta di questo congresso, essi dettero ai novizi della terra le insegne della loro autorità: erano delle piastre di rame, sulle quali erano incisi dei geroglifici; e i novizi se ne andarono con quelle piastre.

694. La terza. Dopo qualche tempo, guardai verso la città di Ateneo, di cui è stato detto qualche cosa nella prima narrazione memorabile, ed io udii un clamore straordinario che ne proveniva; vi era in esso qualche cosa del riso, nel riso qualche cosa dell’indignazione, e nell’indignazione, qualche cosa della tristezza; ciò nondimeno, quel clamore non era discordante, ma consonante, perché non era un suono insieme con un altro, ma era un suono dentro un altro. Nel mondo spirituale si percepisce distintamente nel suono la varietà e la mescolanza delle affezioni. Domandai da lontano cosa fosse; e mi fu detto: E’ arrivato un messaggero dal luogo dove appaiono inizialmente i nuovi venuti dal mondo cristiano, dicendo di aver saputo dai tre spiriti là, che nel mondo da cui essi sono arrivati, credettero con tutti gli altri che i beati e i felici dopo la morte sarebbero stati in un completo riposo da ogni lavoro; e poiché le amministrazioni, gli impieghi e le occupazioni sono lavori, che vi sarebbe riposo da queste cose; e dato che quei tre novizi sono stati ora condotti dal nostro emissario, e stanno davanti alla porta e aspettano, si è fatto un clamore, e dopo deliberazione, si è deciso di introdurli non nel Palladio sul Parnasso come i precedenti ma nel grande uditorio affinché facciano conoscere le loro notizie del mondo cristiano; e alcuni sono stati delegati per introdurli con solennità. Dato che io ero in spirito, e per gli spiriti le distanze sono secondo lo stato delle loro affezioni; e dato che allora avevo l’affezione di vederli e udirli, io mi vidi là presente, e li vidi introdurre, e li udii parlare. Nell’auditorio i più savi sedettero ai lati, e tutti gli altri nel mezzo; e davanti a questi vi era un palco; là i tre nuovi venuti con l’emissario, accompagnati solennemente dai più giovani, furono condotti, passando nel mezzo dell’auditorio; e dopo che si fu fatto silenzio, furono salutati da uno degli anziani, che domandò: Che c’è di nuovo dalla terra? Ci sono molte novità, essi risposero; ma dimmi di grazia, su quale soggetto. E l’anziano riprese: Che c’è di nuovo dalla terra intorno al nostro mondo e al cielo? E quelli risposero: Quando di recente arrivammo in questo mondo, udimmo che qui e nel cielo vi sono amministrazioni, cariche, funzioni, commerci, studi di tutte le discipline, e opere mirabili; e nondimeno, noi avevamo creduto che dopo la nostra migrazione dal mondo naturale in questo mondo spirituale, noi saremmo addivenuti ad un eterno riposo dai lavori; ma che cosa sono le funzioni se non lavori? Allora l’anziano disse: Per l’eterno riposo dai lavori, voi avete forse inteso un ozio eterno, in cui voi sareste continuamente seduti e coricati, aspirando le delizie col petto, e sorbendo i gaudi con la bocca? A queste parole i tre nuovi venuti, sorridendo lievemente, dissero che si erano figurati qualche cosa di simile. E allora fu loro risposto: che cosa i gaudi e le delizie, e quindi le felicità hanno in comune con l’ozio? A causa dell’ozio la mente si accascia e non si espande, ossia l’uomo cadde in uno stato di morte, e non è vivificato. Si supponga qualcuno seduto in un ozio completo, con le braccia conserte, con gli occhi abbassati o alzati, e si supponga che egli sia allo stesso tempo circondato da una atmosfera di allegrezza; un profondo assopimento non si impossesserebbe della sua testa e del suo corpo? E l’espansione vitale del volto non verrebbe forse a mancare? E infine, rilassandosi le fibre, non barcollerebbe egli sempre più fino a cadere a terra? Che cosa tiene nell’espansione e nella tensione il sistema di tutto il corpo, se non l’intenzione dell’animo? E da dove viene l’intenzione dell’animo se non dalle cose da amministrare e dai lavori, quando si fanno con piacere? Pertanto io vi darò una notizia del cielo, cioè che là vi sono delle amministrazioni, dei ministeri, dei tribunali grandi e piccoli, e altresì dei mestieri e dei lavori. Quando i tre nuovi venuti udirono che nel cielo vi erano dei tribunali grandi e piccoli, dissero: Perché questi tribunali? Forse che dal cielo non sono tutti ispirati e condotti da Dio, e quindi non sanno quello che è giusto e retto? Allora che bisogno c’è dei giudici? E il savio anziano rispose: In questo mondo noi siamo istruiti e impariamo che cosa sono il bene e la verità, e altresì che cosa sono il giusto e l’equo, egualmente come nel mondo naturale; e noi impariamo ciò non immediatamente da Dio, ma mediatamente per altri; e ogni angelo, al pari di ogni uomo, pensa il vero e fa il bene come da sé, e ciò è secondo lo stato dell’angelo, misto e non puro. E ancora, fra gli angeli, ve ne sono di semplici e di sapienti; i sapienti devono giudicare, allorché i semplici per semplicità e ignoranza sono in dubbio sul giusto o se ne allontanano. Ma voi che siete recentemente arrivati in questo mondo, seguitemi, se vi piace, nella nostra città, e noi vi mostreremo tutto. Ed essi uscirò dall’auditorium, alcuni degli anziani li accompagnarono; e inizialmente entrarono in una grande biblioteca, che era, secondo le scienze, divisa in biblioteche più piccole. I tre nuovi venuti, vedendo tanti libri, furono stupefatti e dissero: Vi sono anche dei libri in questo mondo! Da dove prendete la pergamena e la carta? Da dove le penne e l’inchiostro? Gli anziani risposero: Noi percepiamo che voi avete creduto nel mondo da dove venite, che questo mondo fosse vuoto, perché spirituale; e se avete creduto ciò, è perché avete nutrito dello spirituale un’idea astratta dal materiale; e l’astratto dal materiale vi è sembrato come niente, così come vuoto; e nondimeno, qui è la pienezza di tutte le cose; qui tutte le cose sono sostanziali e non materiali, le cose materiali derivano la loro origine da quelle sostanziali. Noi che siamo qui, siamo uomini spirituali, perché siamo sostanziali e non materiali; quindi qui sono nella loro perfezione tutte le cose che esistono nel mondo naturale, anche i libri e le scritture, e molte altre cose ancora. Quando i tre nuovi venuti udirono parlare di cose sostanziali, pensarono che doveva essere così, tanto perché avevano veduto dei libri scritti, quanto perché avevano udito questo principio che le materie provengono originariamente dalle sostanze. Affinché fossero ancora confermati in queste verità, furono condotti nelle dimore degli scrivani, che copiavano gli esemplari delle opere scritte dai savi della città; ed essi esaminarono le scritture, e furono meravigliati nel vederle tanto nitide e pulite. Poi furono condotti nei musei, nei ginnasi, nei collegi e nei luoghi dove si tenevano i loro giochi letterari, di cui alcuni si chiamavano giochi degli Eliconidi, altri giochi dei Parnassidi, altri giochi degli Ateneidi e altri giochi delle vergini della fontana. Fu detto loro che questi sono chiamati così perché le vergini significano le affezioni delle scienze e ognuno ha dell’intelligenza secondo l’affezione per le scienze. I giochi così chiamati erano esercizi e lotte spirituali. Poi furono condotti nella città dai governatori, dagli amministratori e dai loro ufficiali, e per mezzo di questi, a vedere delle opere meravigliose che sono eseguite in un modo spirituale dagli artifici. Dopo il savio anziano parlò ancora con loro sull’eterno riposo dai lavori, in cui pervengono i beati e i felici dopo la morte; egli disse: il riposo eterno non è l’ozio, perché dall’ozio causa alla mente e quindi a tutto il corpo, il languore, il torpore, lo stupore e la sonnolenza; e questo è la morte non la vita e meno ancora la vita eterna, in cui sono gli angeli del cielo; perciò il riposo eterno è un riposo che dissipa quegli inconvenienti e fa che l’uomo viva; e questo non è altro che quel che eleva la mente; esso è pertanto uno studio e un’opera, da cui la mente è eccitata, vivificata e dilettata; e questo ha luogo secondo l’uso, da cui, in cui e per cui si opera. Di qui deriva che tutto il cielo è considerato dal Signore come il contenente degli usi; e ogni angelo è angelo secondo l’uso che presta; il piacere dell’uso lo porta come una corrente favorevole porta una nave, e fa che egli sia in una pace eterna, e nel riposo della pace; così è inteso l’eterno riposo dai lavori. Che l’angelo sia vivificato secondo lo studio della mente per l’uso, è chiaramente evidente da questo, che ogni angelo ha l’amore coniugale con la sua forza, la sul potenza e le sue delizie, secondo lo studio dell’uso genuino in cui è. Dopo che quei tre nuovi venuti furono persuasi circa il fatto che l’eterno riposo non è l’ozio, ma il piacere di fare qualcosa che sia per l’uso, vennero alcune vergini con dei ricami e dei filati, opere delle loro mani, e li donarono Ad essi; e quando gli spiriti novizi se ne andarono, le vergini cantarono un’ode, con la quale esprimevano con una melodia angelica l’affezione delle opere dell’uso con le sue delizie. 

Vera religione cristiana (692)

692. A questo capitolo aggiungerò le seguenti narrazioni memorabili.

La prima. Dopo aver assistito al gioco della sapienza (si veda la narrazione memorabile al paragrafo n. 48) ritornai a casa; e vidi, strada facendo, un angelo in veste di color giacinto; egli mi si mise a fianco, e mi disse: Vedo che tu esci dal gioco della sapienza, e che sei lieto di ciò che lì hai udito; e dato che percepisco che tu non sei pienamente in questo mondo, perché sei allo stesso tempo nel mondo naturale, perciò non conosci i nostri ginnasti olimpici, dove si radunano gli antichi savi e apprendono da coloro che arrivano dal tuo mondo le mutazioni e successioni di stato che la sapienza ha subito e subisce ancora; se vuoi ti condurrò in un luogo dove abitano molti di quegli antichi savi, e molti dei loro figli, vale a dire dei loro discepoli. Ed egli mi condusse verso i confini tra settentrione e oriente; e mentre io guardavo da un luogo elevato, ecco vidi una città, e ad uno dei suoi lati, due colline; e quella più vicina alla città era più bassa dell’altra; ed egli mi disse: Quella città si chiama Ateneo; la collina più bassa, Parnasso; e la più alta, Elicona. Si chiamano così perché nella città e nei dintorni abitano gli antichi savi della Grecia, come Pitagora, Socrate, Aristippo, Senofonte, con i loro discepoli e quelli della loro scuola. Ed io domandai di Platone e di Aristotele; ed egli mi disse che essi e i loro seguaci abitano in un’altra regione, perché essi avevano insegnato delle cose razionali, che appartengono all’intelletto, laddove gli altri avevano i segnato le cose morali che spettano alla vita. Mi disse che dalla città di Ateneo venivano frequentemente inviati degli spiriti studiosi presso i letterati fra i cristiani, affinché riferissero quel che attualmente si pensa intorno a Dio, alla creazione dell’universo, all’immortalità dell’anima, allo stato dell’uomo rispetto allo stato delle bestie e intorno ad altri soggetti che spettano alla sapienza interiore; e mi disse ancora che i banditori avevano annunciato un congresso, indizio che gli spiriti inviati avevano incontrato dei nuovi venuti dalle terre, dai quali avevano udito delle cose curiose. E noi vedemmo molti spiriti che uscivano dalla città e dai dintorni, alcuni con delle corone di lauro sul capo, altri con delle palme nelle loro mani, altri con dei libri sotto le braccia, e altri con delle penne sotto i capelli della tempia sinistra. Noi ci intrufolammo fra questi e salimmo insieme; ed ecco sulla collina vi era un palazzo ottagonale, che chiamavano Palladio, e noi vi entrammo; ed ecco là vi erano otto esagoni ridotti, in ciascuno dei quali vi era uno scaffale anche una tavola, presso la quale sedettero i laureati, e nel Palladio stesso io vidi dei sedili di pietra lavorati con scalpello, sui quali sedettero gli. E allora a sinistra si aprì una porta, per la quale furono introdotti due nuovi venuti dalla terra; e dopo essere stati salutati, uno fra quelli che erano coronati di lauro, domandò loro: Che c’è di nuovo dalla terra? E quelli dissero: C’è di nuovo che sono stati trovati nei boschi degli uomini che sono come bestie, o delle bestie che sono come uomini; ma dalla faccia e dal corpo si è compreso che erano nati uomini, ed erano stati perduti o abbandonati nei boschi all’età di due o tre anni. Si dice che essi non possano esprimere per mezzo del suono nulla di quel che pensano, né imparare ad articolare il suono in alcuna parola; che non sappiano nemmeno discernere, come le bestie, l’alimento che conviene loro, ma che mettano nella loro bocca le cose, tanto monde, quanto immonde, che trovano nei boschi; si narrano ancora molte altre particolarità; quindi alcuni eruditi fra noi hanno ipotizzato, e alcuni altri hanno concluso molte cose sullo stato degli uomini paragonato allo stato delle bestie. Udite queste notizie, alcuni degli antichi savi domandarono quel che ne avevano ipotizzato e concluso; e i due nuovi venuti risposero: Molte cose, che tuttavia si possono ridurre alle seguenti:

1 – l’uomo, dalla sua natura e anche dalla sua nascita, è più stupido e quindi più vile di qualunque bestia, e che lo diviene egualmente se non è istruito;

2 – l’uomo può essere istruito, perché ha imparato a produrre dei suoni articolati e quindi a parlare, e per questo ha imparato a manifestare dei pensieri, e ciò gradualmente finché ha potuto esprimere le leggi della società, delle quali tuttavia, molte sono impresse nelle bestie sin dalla nascita;

3 – le bestie hanno la razionalità al pari degli uomini;

4 – perciò se le bestie potessero parlare, esse ragionerebbero sopra ogni cosa così sottilmente come gli uomini; indizio di ciò è che esse pensano secondo la ragione e la prudenza, egualmente come gli uomini;

5 – l’intelletto è solamente una modificazione della luce del sole, con la cooperazione del calore, per mezzo dell’etere, tale che è solamente un’attività della natura interiore, e che questa attività può essere esaltata al punto da apparire come sapienza;

6 – perciò è vano credere che l’uomo dopo la morte è vivo più che la bestia, tranne che forse per alcuni giorni dopo il decesso, egli non possa dalle esalazioni della vita del corpo, apparire come un nuvolo sotto la forma di un fantasma, prima che sia dissipato nella natura; pressappoco come un virgulto bruciato, tratto dalle ceneri, appare sotto la somiglianza della sua forma;

7 – di conseguenza la religione, che insegna una vita dopo la morte, è una pura invenzione, affinché i semplici siano interiormente tenuti a freno dalle leggi religiose, come lo sono esteriormente dalle leggi civili. Essi aggiunsero che sono gli uomini meramente ingegnosi che ragionano così, ma non gli intelligenti. E fu loro domandato: Come ragionano gli intelligenti? Risposero che non li avevano uditi, ma che avevano di loro questa opinione.

Udite queste cose, tutti coloro che sedevano presso la tavola esclamarono: Oh, quali tempi ora sulla terra! Ahimé! Quali vicissitudini ha subito la sapienza! Non è stata forse degradata in una fatua ingegnosità? Il sole è tramontato, e sotto la terra, è diametralmente opposto al suo meriggio. Da quelli che sono stati abbandonati e trovati nei boschi, chi non può comprendere che simile è l’uomo non istruito? Non è forse egli secondo l’istruzione che riceve? Non nasce egli forse nell’ignoranza più che le bestie? Forse che non deve imparare a camminare e a parlare? Se non imparasse a camminare, si drizzerebbe egli sui piedi? E se non imparasse a parlare, borbotterebbe egli qualche cosa del pensiero? Ogni uomo non è a immagine della sua istruzione, stolto, se istruito dalle falsità, e savio se istruito dalle verità; e stolto dalle falsità con tutta la fantasia di essere più savio più di colui che è savio in virtù delle verità? Non vi sono forse degli uomini fatui e pazzi, che non sono uomini più di quelli che sono stati trovati nei boschi? Coloro che sono privi di memoria, non sono forse simili? Da tutto ciò noi abbiamo inferito che l’uomo senza istruzione non è né un uomo, né una bestia, ma che è una forma, che può ricevere in sé quel che costituisce l’uomo; e che così egli non nasce uomo, ma lo diviene; e che l’uomo nasce tale forma per essere un organo recipiente della vita che procede da Dio, affinché sia un soggetto in cui Dio possa introdurre ogni bene, e per l’unione con sé renderlo eternamente felice. Noi percepiamo da quanto avete riferito che la sapienza attualmente è talmente estinta o impazzita, che non si sa affatto nulla dello stato dalla vita degli uomini relativamente allo stato della vita delle bestie; da cui deriva che non si conosce neppure lo stato della vita dell’uomo dopo la morte. Quanto a quelli che possono conoscerlo, ma non lo vogliono, e quindi lo negano, come fanno molti tra i vostri cristiani, noi possiamo paragonarli a quelli che sono stati trovati nei boschi; non che siano divenuti così stupidi per mancanza d’istruzione, ma perché essi stessi si sono resi così stupidi per le illusioni dei sensi, illusioni che sono le tenebre della verità. Ma allora, uno che stava ritto nel mezzo del Palladio, tenendo in mano una palma, disse: Sviluppate vi prego, questo arcano: In che modo l’uomo, creato forma di Dio ha potuto essere mutato in forma del diavolo? Io so che gli angeli del cielo sono forme di Dio e che gli angeli dell’inferno sono forme del diavolo; e queste due forme sono opposte fra loro; queste sono pazzie, e quelle sono sapienze; dite dunque come l’uomo creato forma di Dio, ha potuto dal giorno passare in una tale notte, da negare Dio e la vita eterna? A questa domanda i maestri risposero in ordine, prima i pitagorici, poi i socratici e in seguito gli altri; ma tra loro vi era un platonico; costui parlò per ultimo, e la sua opinione prevalse. Questa opinione era: gli uomini del secolo di Saturno, o del secolo d’oro, sapevano e riconoscevano che essi erano forme recipienti della vita che procede da Dio, e perciò la sapienza era inscritta nelle loro anime e nei loro cuori; e quindi essi vedevano la verità in virtù della luce della verità, e attraverso le verità percepivano il bene in forza del piacere dell’amore del bene; ma nei secoli seguenti, man mano che gli uomini si allontanarono dalla riconoscenza che ogni verità della sapienza, e quindi ogni bene dell’amore presso di loro fluiva continuamente da Dio, essi cessarono di essere abitacoli di Dio, e allora cessarono altresì di parlare con Dio, e la loro consociazione con gli angeli; perché gli interiori della loro mente dalla loro direzione, che era stata da Dio elevata in alto, verso Dio, furono piegati in una direzione obliqua sempre più in fuori nel mondo, è così verso Dio, da Dio per mezzo del mondo, e infine furono voltati nella direzione opposta, che è in giù verso se stessi; e dato che Dio non può essere guardato dall’uomo interiormente rivolto, e così voltato in un senso opposto, gli uomini si separano da Dio e divennero forme dell’inferno, e di conseguenza del diavolo. Da questo segue che nelle prime età gli uomini riconobbero col cuore e l’anima che ogni bene dell’amore, e quindi ogni verità della loro sapienza venivano da Dio e che appartengono a Dio in essi, e che essi erano meri ricettacoli della vita procedente da Dio, e quindi furono chiamati immagine di Dio, figli di Dio e nati da Dio. Ma, nelle ere che seguirono, essi non riconobbero ciò col cuore e l’anima, ma per una certa fede persuasiva, e poi per una fede storica, e infine soltanto con la bocca; e riconoscere ciò soltanto con la bocca, è non riconoscere, anzi negare di cuore. Di qui si può vedere qual è e attualmente la sapienza sulla terra presso i cristiani, perché questi, sebbene possano dalla Rivelazione scritta essere ispirati da Dio, non conoscono la differenza che passa tra l’uomo la bestia; e quindi molti credono che se l’uomo vive dopo la morte, anche la bestia debba vivere, o che se la bestia non vive dopo la morte, neppure l’uomo debba vivere. La nostra luce spirituale, che illumina la vita della mente, non è divenuta oscurità presso di essi; e la loro luce naturale, che illumina soltanto la vista del corpo non è divenuta per essi uno splendore?

Dopo di ciò, tutti si volsero verso i due nuovi venuti, e li ringraziarono per essersi recati in mezzo a loro, e per la narrazione che avevano fatto, e li pregarono di riferire ai loro fratelli quello che avevano udito; e i nuovi venuti risposero che avrebbero confermato i loro fratelli in questa verità che, per quanto si attribuisce al Signore, e non a se stessi, ogni bene dalla carità e ogni verità della fede, tanto si è uomini, e si diviene angeli del cielo.

Vera religione cristiana (684-691)

Il terzo uso del battesimo, che è l’uso finale, è che l’uomo sia rigenerato

684. Questo uso è l’uso stesso per il quale il battesimo è stato istituito, di conseguenza è l’uso finale; e ciò perché il vero cristiano conosce e riconosce il Signore Redentore Gesù Cristo che, essendo il Redentore, è anche il rigeneratore, perché la redenzione e la rigenerazione fanno uno, come si vede nel capitolo sulla riforma e la rigenerazione, terzo punto; poi perché il cristiano ha la disponibilità della Parola, nella quale sono descritti i mezzi della rigenerazione, e questi mezzi sono la fede nel Signore la carità verso il prossimo.

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