Divina Provvidenza (322-330)

Ogni uomo si può riformare e non esiste predestinazione

322. La sana ragione ci dice che tutti sono predestinati per il cielo, e nessuno lo è per l‘inferno. Tutti sono nati uomini, e quindi in essi vi è l‘immagine di Dio: l‘immagine di Dio in essi significa la capacità di comprendere la verità e di fare il bene. Poter comprendere la verità proviene dalla Divina sapienza, e la capacità di fare il bene proviene dal Divino amore. Questo potere è l’immagine di Dio, che dimora nell’uomo integro, e non si cancella. Ne consegue che l’uomo può divenire civile e morale, e colui che è civile e morale può anche divenire spirituale, poiché la vita civile e morale è il ricettacolo della vita spirituale. Si definisce “civile” l‘uomo che conosce le leggi dello stato di cui è cittadino, e che vive secondo queste leggi; si definisce “morale” l‘uomo che fa di queste leggi i suoi costumi e le sue virtù, e vive secondo i loro dettami per motivi razionali.

[2] Adesso è necessario spiegare come la vita civile e la vita morale siano il ricettacolo della vita spirituale. Vivi secondo queste leggi, non solamente come leggi civili e morali, ma anche come leggi Divine, e sarai un uomo spirituale. Esiste forse una nazione così barbara che non abbia stabilito per legge che non si deve uccidere, né fornicare con la moglie altrui, né rubare, né dichiarare il falso, né violare i diritti degli altri. L’uomo civile e morale osserva queste leggi, al fine di essere o di apparire un buon cittadino; ma se non considera nello stesso tempo queste leggi come Divine, egli è solamente un uomo civile e morale naturale, mentre se le considera anche come Divine, egli diviene un uomo civile e morale spirituale. La differenza è che quest’ultimo non è solamente un buon cittadino di uno stato terreno, ma anche un buon cittadino del regno celeste; mentre il primo è un buon cittadino di uno stato terreno, ma non del regno celeste. Sono le buone azioni che essi compiono a fare la differenza. Quelle compiute dagli uomini civili e morali naturali non sono buone in sé, poiché essi, nel compierle, hanno in vista se stessi e il mondo; ma le buone azioni compiute dagli uomini civili e morali spirituali sono buone in sé, perché hanno come scopo il Signore e il cielo.

[3] Si può dunque comprendere che ogni uomo, nato per poter divenire civile e morale naturale, è nato anche per poter divenire civile e morale spirituale: basta che riconosca Dio e non commetta le azioni malvagie perché sono contro Dio, ma compia buone azioni perché sono per Dio. Per questo motivo lo spirito entra nei suoi atti civili e morali, ed essi diventano vivi. Altrimenti non vi è alcuno spirito in essi; quindi essi non hanno vita. Perciò l‘uomo naturale, benché agisca civilmente e moralmente, si può definire “morto”, mentre l’uomo spirituale si definisce “vivo”.

[4] È in virtù della Divina Provvidenza del Signore che ogni popolo ha una religione, e l’elemento principale di ogni religione è riconoscere che esiste un Dio: altrimenti non può chiamarsi religione. Ogni popolo che vive secondo la sua religione, vale a dire che non fa il male perché è contro il suo Dio, riceve qualche elemento spirituale nella sua esistenza mondana. Chi è colui che, udendo qualche non-cristiano affermare di non voler compiere un atto malvagio perché è contro il suo Dio, non dica fra sé che quest’uomo non sia salvo? Questo pensiero è dettato da una sana ragione. D’altra parte, chi è colui che, udendo un cristiano dire: «Un male o un altro non contano nulla per me. Che m’importa che si dica che esso è contro Dio?» non dica a se stesso: «Quest’uomo si salverà? Mi sembra impossibile!» Anche questo pensiero è dettato da una sana ragione.

[5] Se un uomo dice: «Sono nato cristiano, sono stato battezzato, ho riconosciuto il Signore, ho letto la Parola, ho partecipato al sacramento della Cena»; che valore ha tutto ciò, quando egli non considera come peccati gli omicidi o le vendette, gli adulteri, i furti clandestini, le false testimonianze o le menzogne, e ogni tipo di violenza? Forse un uomo del genere pensa a Dio o alla vita eterna? Un uomo simile pensa forse che esiste un Dio e che c’è una vita eterna? Secondo ragione, un tale uomo non può essere salvato. Si sono dette queste cose riguardo ai cristiani, perché i non-cristiani pensano a Dio più di loro: la religione è parte della loro vita. Ma in ciò che segue si dirà di più su questo argomento, nell’ordine seguente:

I. Il fine della creazione è il cielo formato dal genere umano.

II. Quindi la Divina Provvidenza vuole che ogni uomo possa essere salvato, e che siano salvati coloro che riconoscono un Dio e vivono rettamente.

III. È colpa dell’uomo stesso se egli non si salva.

IV. Quindi tutti sono predestinati per il cielo, e nessuno lo è per l‘inferno.

323. I. Il fine della creazione è il cielo formato dal genere umano. Il cielo è composto solo da coloro che sono nati uomini, come è stato mostrato in Cielo e inferno, pubblicato a Londra nel 1758, ed anche in questo volume, più sopra, n. 27. Poiché il cielo è composto da uomini, ne consegue che il fine della creazione è un cielo formato dal genere umano. Ai nn. dal 27 al 45 si è stato già mostrato che questo è lo scopo della creazione; ma si vedrà più chiaramente dallo sviluppo delle seguenti proposizioni:

Ogni uomo è stato creato per vivere eternamente.

Ogni uomo è stato creato per vivere eternamente in una condizione di beatitudine.

Quindi ogni uomo è stato creato per ascendere in cielo.

Il Divino amore non può che volere ciò, e la Divina sapienza non può che provvedere affinché ciò sia compiuto.

324. Poiché dalle seguenti spiegazioni si può comprendere che la Divina Provvidenza è solo una predestinazione per il cielo, e che essa non può diventare altro, adesso è necessario dimostrare, nell’ordine proposto, che il fine della creazione è il cielo formato dal genere umano.

Primo. Ogni uomo è stato creato per vivere eternamente. In Divino Amore e Divina Sapienza, parti III e V, è stato mostrato che nell’uomo vi sono tre gradi della vita, che si chiamano naturale, spirituale e celeste, e che questi gradi sono attivi in ogni uomo. Negli animali non vi è che un solo grado della vita, simile all’ultimo grado che nell’uomo si chiama naturale. Ne consegue che l‘uomo può elevare la sua vita verso il Signore, al di sopra degli animali; in questo stato egli può comprendere cose provenienti dalla Divina sapienza, e volere cose che derivano dal Divino amore, e di conseguenza può ricevere in sé qualcosa di Divino. Chi può ricevere ciò che è Divino in modo tale da vederlo e percepirlo in sé, non può che essere congiunto al Signore, e vivere per sempre grazie a questa unione.

[2] A cosa sarebbe servita al Signore tutta la creazione dell’universo, se non avesse anche creato degli esseri a immagine e somiglianza di se stesso, a cui comunicare il suo Divino?Altrimenti che cosa sarebbe stata la creazione, se non qualcosa che è e non è, o qualcosa che esiste e non esiste, senza altro scopo che poter contemplare da lontano delle mere vicissitudini e dei perpetui cambiamenti, come in un teatro? Quale sarebbe lo scopo Divino in tutti questi cambiamenti, se essi non fossero soggetti capaci di ricevere qualcosa di Divino più interiormente, di vederlo e percepirlo? Poiché il Divino è dotato di una gloria inesauribile, come potrebbe tenerla solo per sé? L’amore vuole comunicare ciò che è suo ad altri, dare agli altri tutto ciò che può. Cosa non farebbe dunque il Divino amore, che è infinito? Può forse dare, e poi riprendersi ciò che ha dato? Dare ciò che è destinato a perire non significherebbe forse dare ciò che in sé non è nulla, poiché quando perisce diviene nulla? In esso non vi sarebbe un vero “essere”; ma egli dà ciò che è, o ciò che non cessa di essere: e questo è eterno.

[3] Affinché l’uomo viva eternamente, gli viene tolto ciò che vi è in lui di mortale: il corpo materiale, di cui viene spogliato alla morte. Così viene messo a nudo ciò che è immortale, ovvero la sua mente; e allora diviene uno spirito in forma umana; la sua mente è questo spirito. I saggi dell’antichità videro che la mente umana non può morire. Essi dicevano: «Come può l’anima o la mente morire, se può diventare savia?» Pochi al giorno d’oggi conoscono le idee più profonde di quei filosofi su questo argomento. Questa idea, che proveniva dal cielo e diventava oggetto della loro comune percezione, era che Dio è la sapienza stessa, di cui l’uomo è partecipe, e che Dio è immortale o eterno.

[4] Poiché mi è stato permesso di conversare con gli angeli, riferirò anche qualche esperienza personale. Ho parlato con coloro che vissero molti secoli fa, prima del diluvio, e con alcuni che vissero dopo il diluvio, al tempo del Signore, con uno dei suoi apostoli, e con molti che vissero nei secoli successivi. Tutti mi sono apparsi come giovani, e mi hanno detto che l’unica cosa che sanno della morte è che essa è la dannazione. Coloro che hanno vissuto rettamente, quando arrivano in cielo tornano giovani, e tali restano eternamente, anche se in questa vita erano diventati vecchi decrepiti.Le donne, anche se erano state vecchie e fragili, tornano nel fiore dell’età e della bellezza.

[5] Che l‘uomo dopo la morte viva eternamente, risulta evidente dalla Parola, dove la vita in cielo viene chiamata “vita eterna” (Matteo 19:29; 25:46; Marco 10:17; Luca 10:25; 18:30; Giovanni 3:15, 16, 36; 5:24, 25, 39; 6:27, 40, 68; 12:50); oppure semplicemente “vita” (Matteo 18:8 ,9; Giovanni 5:40, 20:31). Il Signore disse altresì ai suoi discepoli: «Poiché Io vivo, anche voi vivrete» (Giovanni 14:19); e riguardo alla risurrezione, disse che «Dio è il Dio di vivi, e non il Dio dei morti»; ed anche che essi non sarebbero più morti (Luca 20:36, 38).

[6] Secondo. Ogni uomo è stato creato per vivere eternamente in una condizione di beatitudine. Questo è un corollario di ciò che si è detto; poiché colui che vuole che l’uomo viva eternamente, vuole anche che egli viva in uno stato di felicità. Cosa sarebbe la vita eterna senza questo stato? Ogni amore vuole il bene dell’altro: l‘amore dei genitori vuole il bene dei figli, l‘amore dello sposo e del marito vuole il bene della sposa e della moglie, e l’amore dell’amicizia vuole il bene degli amici; che cosa dunque non deve volere il Divino amore! E cos’è il bene, se non il piacere? E cos’è il Divino bene, se non la beatitudine eterna? Ogni bene, in virtù del suo piacere o della sua beatitudine, si chiama bene. Si chiama “bene” ciò che ci viene dato ed è nostro, ma se non vi è anche il piacere è un bene sterile, che in sé non è un bene. Da queste spiegazioni risulta evidente che la vita eterna è anche la beatitudine eterna. Questo stato dell’uomo è il fine della creazione; ma se pervengono a questo stato solamente coloro che ascendono in cielo, la colpa non è del Signore ma dell’uomo, come si vedrà in in seguito.

[7] Terzo. Quindi ogni uomo è stato creato per ascendere in cielo. Questo è il fine della creazione; ma se non tutti vanno in cielo, è perché si immergono dei piaceri dell’inferno, opposti alla beatitudine del cielo. coloro che non sono nella beatitudine del cielo non possono entrare in cielo, poiché non lo possono sopportare. Non si rifiuta a nessuno che viene nel mondo spirituale di salire in cielo; ma quando colui che gode dei piaceri dell’inferno arriva in cielo, gli palpita il cuore, respira con fatica, la vita comincia a mancargli, prova sofferenza e tormento, e si contorce come un serpente vicino al fuoco. Gli opposti agiscono l’uno contro l‘altro.

[8] Tuttavia, poiché sono nati uomini, e perciò hanno la facoltà di pensare e volere, e quindi di parlare e di agire, essi non possono morire; ma poiché non possono vivere se non con coloro che condividono gli stessi piaceri della vita, vengono ricondotti verso di loro. Di conseguenza coloro che sono nei piaceri del male, e coloro che sono nei piaceri del bene, vengono inviati rispettivamente ai loro simili; anzi ad ognuno è concesso di essere nel piacere del suo male, purché non disturbi coloro che sono nel piacere del bene. Ma poiché il male può solo disturbare il bene, poiché nel male vi è l‘odio contro il bene, affinché essi non rechino danno, vengono allontanati e precipitati nei loro luoghi, all’inferno, dove il loro piacere si trasforma in dispiacere.

[9] Ciò non toglie che per creazione, e quindi per nascita, l‘uomo possa venire in cielo, poiché chiunque muore fanciullo sale in cielo, dove è allevato ed istruito come avviene all’uomo nel mondo, e grazie al suo desiderio per il bene e la verità assorbe la sapienza e diventa un angelo. La stessa cosa potrebbe accadere all’uomo che viene educato ed istruito nel mondo, poiché la stessa capacità che è nel fanciullo è anche in lui. Riguardo ai fanciulli nel mondo spirituale, si veda in Cielo e inferno, stampato a Londra nel 1758 (dal n. 329 al n. 345).

[10] Ma se per molti in questo mondo non è così, è perché essi amano il primo grado della loro vita, che si chiama naturale, e non vogliono superarlo e divenire spirituali. Il grado della vita naturale, considerato in sé, non ama che se stesso e il mondo, poiché esso è coerente coi sensi del corpo, il cui centro è il mondo. Mentre il grado spirituale della vita ama il Signore e il cielo: ama anche se stesso e il mondo, ma considera Dio e il cielo come superiori, principali e dominanti, e se stesso e il mondo come inferiori, meri strumenti e servitori.

[11] Quarto. Il Divino Amore non può che volere ciò, e la Divina Sapienza non può che provvedere affinché ciò sia compiuto. Che la Divina essenza sia il Divino amore e la Divina sapienza, è stato pienamente mostrato in Divino Amore e Divina Sapienza; in questo trattato è stato anche mostrato (dal n. 358 al n. 370) che in ogni embrione umano il Signore forma due ricettacoli, uno del Divino amore e l‘altro della Divina sapienza. Il ricettacolo del Divino amore è destinato alla futura volontà dell’uomo, e il ricettacolo della Divina sapienza al suo futuro intelletto. Così il Signore ha messo in ogni uomo la facoltà di volere il bene e la facoltà di comprendere la verità.

[12] Poiché l‘uomo ha dalla nascita queste due facoltà, che gli sono date dal Signore, e quindi il Signore è in esse come in tutto ciò che è suo nell’uomo, è evidente che il suo Divino amore può volere solo che l‘uomo venga in cielo e vi goda la beatitudine eterna, e la Divina sapienza provvede affinché ciò avvenga. Ma poiché il Divino amore del Signore fa sì che l‘uomo avverta in sé la beatitudine celeste come se fosse sua, e questo non può accadere se non è concesso all’uomo di pensare, volere, parlare ed agire in apparenza come da se stesso, il Signore non può condurre l’uomo altrimenti che secondo le leggi della sua Divina Provvidenza.

325. Quindi la Divina Provvidenza vuole che ogni uomo possa essere salvato, e che siano salvati coloro che riconoscono un Dio e vivono rettamente. Da ciò che si è mostrato è evidente che ogni uomo può essere salvato. Alcuni credono che la chiesa del Signore sia solamente nel mondo cristiano, perché là solamente è conosciuto il Signore, e là solamente è la Parola. Ma ve ne sono molti che credono che la chiesa di Dio si estenda in tutto il mondo, di conseguenza anche presso coloro che non conoscono il Signore e non hanno la sua Parola. Essi dicono che non è colpa loro se sono nell’ignoranza, e che è contro l’amore e la misericordia di Dio che alcuni nascano per l’inferno, quando siamo tutti ugualmente uomini.

[2] Poiché molti cristiani (benché non tutti) credono che vi sia una chiesa più grande, chiamata “comunione”, ne consegue che devono esistere dei principi generali di questa grande chiesa, che possano comprendere tutte le religioni, così da poter creare quella “comunione”: questi principi generali in comune sono la fede nell’esistenza di Dio e la necessità di vivere rettamente, nell’ordine seguente:

La fede in Dio permette la congiunzione di Dio con l’uomo, e dell’uomo con Dio, mentre la negazione di Dio separa.

Ognuno riconosce Dio e si congiunge a Dio secondo il bene della sua vita.

Il bene della vita, ovvero vivere rettamente, significa fuggire i mali perché sono contro la religione, e di conseguenza contro Dio.

Questi sono gli elementi comuni di tutte le religioni, grazie ai quali ognuno può essere salvato.

326. Queste proposizioni devono essere esaminate e illustrate singolarmente.

Primo. La fede in Dio permette la congiunzione di Dio con l’uomo, e dell’uomo con Dio, mentre la negazione di Dio separa. Alcuni possono pensare che coloro che non credono in Dio si possono salvare come quelli che hanno fede in lui, purché vivano una vita morale. Essi dicono: «Che significa credere in Dio? Non è soltanto un pensiero? Potrei facilmente credere in Dio se solo sapessi con certezza che egli esiste. Ho udito parlare di lui, ma non l‘ho mai visto: fa’ in modo che lo veda, e crederò». Così dicono molti negatori di Dio, quando è loro consentito di ragionare liberamente con un credente. Ma spiegherò, grazie a certe cose da me conosciute nel mondo spirituale, che la fede in Dio unisce, mentre la negazione di Dio separa. In quel mondo, quando qualcuno pensa ad un altro e vuole parlare con lui, l’altro è subito presente; questa è una legge costante e infallibile. Il motivo è che nel mondo spirituale non vi è una distanza come nel mondo naturale, ma solamente un’apparenza di distanza.

[2] Inoltre, così come il pensiero ed una certa conoscenza di un’altra persona la rendono presente, così l‘amore ed l’affezione per un altro crea un’unione, in virtù della quale avviene che i due si accompagnino e conversino amichevolmente, dimorino in una stessa casa o in una stessa comunità, si incontrino spesso e lavorino insieme. Accade anche il contrario: ad esempio, quando un uomo non ama un altro, ed ancor più quando lo odia, egli non lo vede e non si avvicina a lui; e tanto i due restano distanti quanto l’uno non ama o odia l’altro. Anche se è presente, appena si ricorda del suo odio egli diviene invisibile.

[3] Da questi pochi esempi si può comprendere da dove provengono la presenza e la congiunzione nel mondo spirituale. La presenza proviene dal ricordo di un altro accompagnato dal desiderio di vederlo, e la congiunzione proviene dall’affezione caratteristica all’amore. Ciò vale per tutti gli elementi che si trovano nella mente umana: in essa ve ne sono innumerevoli, tutti legati e congiunti secondo le affezioni, o in quanto un elemento ama l’altro.

[4] Questa congiunzione è la congiunzione spirituale, simile a se stessa negli elementi generali e in quelli particolari. Questa congiunzione spirituale trae la sua origine dalla congiunzione del Signore col mondo spirituale e col mondo naturale, in ciò che essi hanno di generale e di particolare. È dunque evidente che, nella misura in cui un uomo conosce il Signore e pensa a lui in virtù della conoscenza, altrettanto il Signore gli è presente; e nella misura in cui lo riconosce in virtù dell’affezione dell’amore, altrettanto il Signore gli è congiunto. Viceversa, nella misura in cui un uomo non conosce il Signore, altrettanto il Signore gli è lontano, e nella misura in cui lo nega, altrettanto ne è disgiunto.

[5] La congiunzione fa sì che il Signore attragga a sé il volto dell’uomo, e allora egli lo guida; mentre la disgiunzione fa sì che l’inferno attragga a sé il volto dell’uomo e sia lui a guidarlo. Perciò tutti gli angeli del cielo rivolgono i loro volti verso il Signore come verso il sole, e tutti gli spiriti dell’inferno volgono i loro sguardi lontano dal Signore. Da queste spiegazioni si comprendono chiaramente gli effetti della fede in Dio, e quelli della negazione di Dio. Coloro che negano Dio nel mondo lo negano anche dopo la morte, e sono disposti interiormente secondo la descrizione che si legge più sopra (n. 319). La disposizione adottata in questo mondo rimane eternamente.

[6] Secondo. Ognuno riconosce Dio e si congiunge a Dio secondo il bene della sua vita. Tutti coloro che sanno qualcosa della religione possono conoscere Dio; essi possono anche parlare di Dio in virtù di questa conoscenza o della memoria, ed alcuni possono anche pensare a Dio in modo intelligente. Ma se l’uomo non vive rettamente, ciò implica solo una presenza: se conduce una vita malvagia, egli può sempre volgere il suo sguardo lontano da Dio, e rivolgerlo verso l’inferno. Ma riconoscere Dio col cuore è possibile solo per coloro che vivono rettamente. Il Signore, secondo il bene della loro vita, li distoglie dall’inferno e li attrae a ; il motivo è perché questi sono i soli ad amare Dio, poiché essi amano i valori Divini che procedono da lui, osservandoli. I valori Divini che procedono da Dio sono i comandamenti della sua legge; questi valori sono Dio, perché egli è la natura Divina che procede da se stessa. Anche questo è amare Dio. Perciò il Signore dice: « Chi osserva i miei comandamenti, mi ama; ma chi non osserva i miei comandamenti, non mi ama (Giovanni 14:21-24).

[7] È per questo motivo che vi sono due tavole del Decalogo, una per Dio e l’altra per l’uomo. Dio opera continuamente affinché l’uomo riceva le cose che sono nella sua tavola, ma se l’uomo non osserva le cose che sono nella sua, egli non riceve col cuore quelle che sono nella tavola di Dio; e se non le riceve non si congiunge. Perciò queste due tavole sono congiunte affinché siano una sola cosa, e sono chiamate tavole dell’alleanza: alleanza significa congiunzione. Il motivo per cui ognuno riconosce Dio, e si congiunge a Dio secondo il bene della sua vita, è che il bene della vita è simile al bene che è nel Signore, e che quindi proviene dal Signore. Quando l’uomo vive rettamente, la congiunzione si effettua. Quando l’uomo vive una vita malvagia, avviene il contrario: questo male rigetta il Signore.

[8] Terzo. Il bene della vita, ovvero vivere rettamente, significa fuggire i mali perché sono contro la religione, e di conseguenza contro Dio. Che questo sia il bene della vita, ovvero vivere rettamente, è stato ampiamente mostrato in Insegnamenti sulla vita per la nuova Gerusalemme1, dal principio alla fine. Si aggiungerà solamente questo: fare del bene in gran quantità, ad esempio edificare chiese, adornarle e le riempirle di offerte, provvedere alle spese di ospedali e ospizi, fare elemosine ogni giorno, soccorrere vedove ed orfani, assistere regolarmente alle cerimonie del culto, addirittura pensare, parlare e predicare, come dal profondo del cuore in favore di queste cose, e tuttavia non fuggire i mali come peccati contro Dio; questi beni non sono beni, sono cose ipocrite o compiute per guadagnarsi meriti. Infatti in esse è insito il male, poiché la vita di ognuno è assolutamente in tutte le cose che egli compie; ma i beni non divengono beni se non grazie alla rimozione del male da essi. È dunque evidente che fuggire i mali perché sono contro la religione, e di conseguenza contro Dio, significa vivere rettamente.

[9] Quarto. Questi sono gli elementi comuni di tutte le religioni, grazie ai quali ognuno può essere salvato. Riconoscere un Dio, e non fare il male perché è contro Dio, sono le due cose che fanno sì che una religione sia tale; se ne manca una non si può dire che sia una vera religione, poiché riconoscere un Dio e fare il male è contraddittorio, così come fare il bene e non riconoscere un Dio. Le due cose non possono che andare insieme. Il Signore ha provveduto affinché quasi ovunque vi sia una religione, e in ogni religione vi siano questi due elementi; il Signore ha anche fatto sì che chiunque riconosca un Dio e non compia il male perché è contro Dio, possa avere un posto nel cielo.

Il cielo, considerato nella sua interezza, somiglia ad un uomo, la cui vita o anima è il Signore. In quell’uomo celeste vi sono tutti gli elementi che si trovano nell’uomo naturale, con la differenza che esiste fra le cose celesti e quelle naturali.

[10] È noto che nell’uomo non vi sono solamente parti formate come organi, consistenti in vasi sanguigni ed in fibre nervose definite visceri. Vi sono anche la pelle, le membrane, i tendini, le cartilagini, le ossa, le unghie e i denti: queste parti sono vive in grado minore rispetto alle forme organiche, a cui servono da legamenti, involucri e supporti. Affinché vi siano tutti questi elementi nell’uomo celeste, che è il cielo, esso non può essere composto da uomini di una sola religione, ma è necessario che sia composto da uomini di molte religioni; quindi tutti coloro che applicano alla loro vita quei due principi universali della chiesa, hanno un posto in quell’uomo celeste, vale a dire nel cielo, e godono della felicita consona alla loro natura. Riguardo a questo soggetto si vedano maggiori dettagli più sopra (n. 254).

[11] Quei due principi sono fondamentali in ogni religione, perché sono le due cose che insegna il Decalogo; e il Decalogo fu il principio della Parola, promulgato a viva voce da Jehovah dal monte Sinai, e scritto dal dito di Dio sopra due tavole di pietra. Poi fu posto nell’arca, chiamata essa stessa Jehovah, che costituiva il Santo dei santi nel tabernacolo, ed il santuario nel tempio di Gerusalemme. In virtù di esso tutto ciò che era nel tempio era santo. Nella Parola troviamo altre cose concernenti il Decalogo nell’arca, che sono state riferite in Insegnamenti sulla vita per la nuova Gerusalemme, dal n. 53 al n. 61. Aggiungerò questo: si sa dalla Parola che l’arca, in cui erano le due tavole sulle quali era stato scritto il Decalogo, fu presa dai Filistei e posta nel tempio di Dagon, in Ashdod; che Dagon cadde in terra davanti ad essa, e la sua testa e le mani mozzate dal corpo furono trovate sulla soglia del tempio; che a causa dell’arca migliaia di uomini fra i popoli di Ashdod ed Ekron furono colpiti da emorroidi, e la loro terra fu devastata dai topi. Sappiamo anche che i Filistei, su consiglio dei loro capi, fabbricarono cinque emorroidi e cinque topi d’oro, insieme ad un carro nuovo; sul carro posero l’arca, ed accanto ad essa le emorroidi e i topi d’oro, e rimandarono l’arca, trainata da due vacche davanti al carro, che muggivano lungo la strada, ai figli d’Israele. Questi sacrificarono le vacche e il carro (I Sam. 5 e 6).

[12] Ora è necessario dire ciò che significano tutte queste cose. I Filistei significano coloro che sono nella fede separata dalla carità; Dagon rappresenta questa religiosità, le emorroidi da cui furono colpiti significano l’amore naturale che, separati dall’amore spirituale, è impuro; e i topi significano la devastazione della chiesa tramite le falsificazioni della verità; il carro nuovo sul quale rimandarono l’arca significa una nuova dottrina, ma ad un livello naturale, poiché il carro nella Parola significa una dottrina derivante dalle verità spirituali. Le vacche significano le buone affezioni naturali; le emorroidi d’oro significa l’amore naturale purificato e divenuto buono; i topi d’oro significano la devastazione della chiesa evitata dal bene (l’oro nella Parola significa il bene). Il muggire delle vacche lungo la strada significa la difficile trasformazione delle concupiscenze del male dell’uomo naturale in affezioni buone; il sacrificio delle vacche col carro significa che così il Signore era placato.

[13] Questo è il significato spirituale di quei racconti storici. Che i Filistei rappresentino coloro che sono nella fede separata dalla carità, si vede in Insegnamenti per la nuova Gerusalemme sulla fede2, dal n. 49 al n. 54. E che l’arca, in virtù del Decalogo che vi era contenuto, sia stata la cosa più santa della chiesa, si vede in Insegnamenti sulla vita per la nuova Gerusalemme, dal n. 53 al n. 61.

327. III. È colpa dell’uomo stesso se non si salva. Ogni uomo razionale, solamente a udirla enunciare, riconosce la verità che dal bene non può derivare il male, né dal male il bene, perché sono opposti. Di conseguenza dal bene non deriva che il bene, e dal male deriva solo il male. Quando si riconosce questa verità, si riconosce altresì che il bene può essere trasformato in male, non dal bene in sé ma dal male che lo riceve, poiché ogni forma tramuta ciò che fluisce in essa in qualcosa della sua propria natura (si veda al n. 292). Poiché il Signore è il bene nella sua stessa essenza, o il bene medesimo, è evidente che il male non può derivare dal Signore, né essere prodotto da lui, ma che il bene può essere convertito in male da un soggetto ricevente, la cui forma è la forma del male. Un tale soggetto è l’uomo, in relazione al suo proprium. Questo soggetto riceve continuamente dal Signore il bene, e lo muta continuamente nella qualità della sua forma, che è la forma del male. Ne consegue che è colpa dell’uomo se egli non si salva. Il male, è vero, proviene dall’inferno, ma poiché l’uomo lo riceve come suo, e perciò se ne appropria, ne risulta che è la stessa cosa dire che il male viene dall’uomo, o che esso viene dall’inferno. Nondimeno, è necessario dire da dove proviene questa appropriazione del male, fino al punto di far perire la religione:

Ogni religione col tempo decade e si estingue.

Ogni religione decade e si estingue tramite l’inversione dell’immagine di Dio nell’uomo. Ciò avviene a causa del continuo accrescimento del male ereditario di generazione in generazione.

Nonostante ciò il Signore fa sì che ognuno possa essere salvato.

Egli inoltre provvede affinché una nuova chiesa possa succedere a quella precedente, ormai distrutta.

328. Queste definizioni devono essere argomentate nella loro sequenza.

Primo. Ogni religione col tempo decade e si estingue. Dove è il genere umano, esiste anche la chiesa; perciò su questa terra vi sono state più chiese, una dopo l’altra. Infatti il cielo, che è il fine della creazione, è composto da esseri umani (come si è mostrato più sopra), e nessuno può accedere al cielo senza i due principi universali della chiesa: riconoscere un Dio e vivere rettamente (si veda al n. 326). Ne consegue che su questa terra vi sono state chiese dalla più remota antichità fino al tempo presente. Queste chiese vengono descritte nella Parola; ma l’unica ad avere una narrazione storica è la chiesa israelitica e giudaica, prima della quale tuttavia ve ne furono molte, descritte semplicemente con nomi di nazioni e di persone, e con certe particolarità che le caratterizzano.

[2] La chiesa antichissima, che fu la prima, è indicata dalle figure di Adamo ed Eva sua consorte. La chiesa seguente, denominata chiesa antica, è descritta dalla figura di Noè e dei suoi tre figli, con i loro discendenti. Questa chiesa fu molto estesa, e si diffuse fra vari popoli del vicino Oriente, come la terra di Canaan al di qua e al di là del Giordano, la Siria, l’Assiria e la Caldea, la Mesopotamia, l’Egitto, l’Arabia, Tiro e Sidone. Questi popoli ricevettero un’antica Parola, di cui si è trattato in Insegnamenti sulla Sacra Scrittura, nn. 101, 102, 103. L’esistenza di questa chiesa è testimoniata da vari particolari riferiti nei libri profetici della Parola. Questa chiesa subì una notevole trasformazione ad opera di Eber, da cui ebbe origine la chiesa ebraica. In questa chiesa, per prima, venne istituito il culto tramite sacrifici. Dalla chiesa ebraica nacque la chiesa israelitica e giudaica, istituita solennemente a causa della Parola che doveva esservi scritta.

[3] Queste quattro chiese sono indicate dalla statua vista da Nabuchadnezzar in sogno, la cui testa era d’oro puro, il petto e le braccia erano d’argento, il ventre e le cosce di rame, le gambe e i piedi di ferro e d’argilla (Daniele 2:32, 33). Queste caratteristiche indicano le età d’oro, d’argento, di rame e di ferro, menzionate dagli antichi scrittori. È noto che la chiesa cristiana succedette alla chiesa giudaica. Che tutte queste chiese nel corso del tempo siano decadute fino alla loro fine, che si chiama consumazione, si può vedere anche dalla Parola. La consumazione della chiesa antichissima, avvenuta a causa del frutto dell’albero della scienza (nutrirsi di questo frutto significa l’orgoglio per la propria intelligenza), è indicata dal diluvio. La consumazione della chiesa antica è descritta dalle varie devastazioni dei popoli, di cui si parla nella Parola, sia nei libri storici, sia in quelli profetici, soprattutto dalla cacciata dei popoli della terra di Canaan ad opera dei figli di Israele. La consumazione della chiesa israelitica e giudaica è indicata dalla distruzione del tempio di Gerusalemme, dalla deportazione del popolo israelita in prigionia perpetua, e della nazione giudaica a Babilonia; e infine dalla seconda distruzione del tempio e della stessa Gerusalemme, e dalla diaspora di questo popolo. Questa consumazione è predetta in molti passi dei libri profetici, e in Daniele, 9:24–27. Quanto alla chiesa cristiana, la sua distruzione finale è descritta dal Signore in Matteo, 24; in Marco, 13; e in Luca, 21; ma la sua stessa consumazione è descritta nell’Apocalisse. Da ciò si può vedere che col tempo la chiesa decade e si consuma, così come la sua dottrina religiosa.

[5] Secondo. Ogni religione decade e si estingue per effetto dell’inversione dell’immagine di Dio nell’uomo. L’uomo è stato creato ad immagine di Dio, e a somiglianza di Dio (Gen. 1:26); ma è necessario specificare cos’è l’immagine e che cos’è la somiglianza di Dio. Solo Dio è l’amore e la sapienza. L’uomo è stato creato per essere un ricettacolo dell’uno e dell’altra; la sua volontà per essere un ricettacolo del Divino amore, e il suo intelletto per essere un ricettacolo della Divina sapienza. Si è mostrato più sopra (n. 324) che queste due facoltà sono presenti nell’uomo fino dal suo concepimento, costituiscono la sua stessa natura umana, e in ogni uomo si formano quando egli è nell’utero. L’ uomo è ad immagine di Dio perché riceve la Divina sapienza, ed è a somiglianza di Dio perché riceve il Divino amore. Perciò il ricettacolo che si chiama “intelletto” è l‘immagine di Dio, e il ricettacolo che si chiama “volontà” è la somiglianza di Dio; quindi, poiché l‘uomo è stato creato e formato per essere un ricettacolo, ne consegue che egli è stato creato e formato perché la sua volontà riceva l‘amore da Dio, e perché il suo intelletto riceva da Dio la sapienza. L’uomo riceve entrambi, quando riconosce Dio e vive secondo i suoi comandamenti, ma in grado minore o maggiore, nella misura in cui, in virtù della religione, egli conosce Dio e i suoi comandamenti; e specificamente nella misura in cui conosce le verità, poiché le verità insegnano ciò che è Dio e come deve essere riconosciuto, ed anche cosa sono i comandamenti e come si deve vivere in conformità ad essi.

[6] L’immagine e la somiglianza di Dio non sono realmente distrutte nell’uomo, ma sono virtualmente distrutte; infatti esse rimangono insite nelle sue due facoltà, chiamate libertà e razionalità, di cui si è già trattato ripetutamente. Esse sono virtualmente distrutte quando l’uomo ha fatto del ricettacolo del Divino amore, che è la sua volontà, il ricettacolo dell’amore di sé, e del ricettacolo della Divina sapienza, che è il suo intelletto, il ricettacolo della propria intelligenza. Egli inverte così l’immagine e la somiglianza di Dio, poiché egli distoglie da Dio i suoi ricettacoli3 e li rivolge verso se stesso. Essi si chiudono al di sopra e si aprono al di sotto, ovvero si chiudono davanti e aperti si aprono di dietro; mentre dalla nascita essi erano aperti davanti e chiusi di dietro. Quando essi sono aperti e chiusi al rovescio, la volontà, che è il ricettacolo dell’amore, riceve l’influsso dall’inferno o dal suo proprium; così come l’intelletto, ricettacolo della sapienza. Perciò nelle chiese ha avuto origine il culto degli uomini invece del culto di Dio, e il culto proveniente dalle false dottrine al posto del culto proveniente dalle dottrine autentiche; e ciò in virtù della propria intelligenza, cioè dell’amore di sé.

Da queste spiegazioni è evidente che la religione, nel corso del tempo, decade e si consuma a causa dell’inversione dell’immagine di Dio nell’uomo.

[7] Terzo. Ciò avviene a causa del continuo aumento del male ereditario di generazione in generazione. Si è già detto e mostrato (n. 277) che il male ereditario non proviene da Adamo ed Eva, sua consorte, perché si nutrirono del frutto dell’albero della scienza; ma è derivato ed è stato trasmesso successivamente dai genitori ai figli, e ad ogni generazione aumenta e diventa peggiore. Quando il male è diventato più forte in molti uomini, allora si propaga nelle moltitudini, poiché in ogni male vi è il desiderio di sedurre, che in alcuni arde d’ira contro il bene. Vi è quindi un contagio del male, quando questo infesta i dignitari, i capi e i dottori della chiesa. La religione è pervertita, e i mezzi di guarigione, che sono le verità, divengono corrotti a causa delle falsificazioni. Ne consegue la successiva distruzione del bene e l’abbandono della verità nella chiesa, fino alla consumazione di quest’ultima.

[8] Quarto. Nonostante ciò il Signore fa sì che ognuno possa essere salvato. Il Signore provvede affinché ovunque vi sia una religione, e che in ogni religione vi siano i due principi essenziali della salvezza: riconoscere l’esistenza di un Dio, e non fare il male perché è contro Dio. Tutte le altre cose che appartengono all’intelletto e quindi al pensiero, e che si chiamano elementi della fede, vengono concesse ad ognuno secondo il suo modo di vivere, poiché esse sono elementi accessori della vita; se esse tuttavia prendono il primo posto, l’uomo non riceve la vita finché le mette in atto. Viene anche provveduto affinché tutti coloro che hanno vissuto bene ed hanno riconosciuto un Dio siano istruiti dagli angeli dopo la morte, e che coloro i quali hanno accettato nel mondo quei due principi essenziali della religione accettino le verità della chiesa così come si trovano nella Parola, e riconoscano il Signore come Dio del cielo e della chiesa. Essi ricevono tutto ciò più facilmente dei cristiani, che hanno portato con sé dal mondo terreno il concetto della natura umana del Signore separata dalla sua natura Divina. Il Signore ha anche provveduto affinché tutti quelli che muoiono fanciulli, in qualsiasi luogo siano nati, vengano salvati.

[9] Dopo la morte viene concessa ad ogni uomo anche la possibilità di emendare la sua vita, se è possibile. Tutti vengono istruiti e guidati dal Signore per mezzo degli angeli. Poiché allora essi sanno che c’è una vita dopo la morte, e che esistono il cielo e l’inferno, all’inizio accolgono le verità; ma coloro che nel mondo non riconobbero un Dio e non fuggirono i mali come peccati, ben presto provano disgusto per le verità e si ritirano. Coloro che riconobbero questi principi a parole e non con il cuore, sono come le vergini stolte, che avevano le lampade ma non l’olio, ne chiesero alle altre vergini e poi se ne andarono e lo acquistarono, e nel frattempo non furono accolte nella sala nuziale (Matteo 25:1–13). Le lampade significano le verità della fede, e l’olio significa il bene della carità. Si può dunque comprendere che la Divina Provvidenza vuole che ognuno possa essere salvato, e che è colpa dell’uomo stesso se non si salva.

[10] Quinto. Egli fa anche sì che una nuova chiesa possa succedere a quella precedente, ormai distrutta. Ciò è avvenuto fino dalla più remota antichità; vale a dire che ad una precedente chiesa distrutta ne succedesse una nuova. Alla chiesa antichissima succedette la chiesa antica; alla chiesa antica succedette la chiesa israelita o giudaica; a questa succedette la chiesa cristiana. È predetto nell’Apocalisse che anche alla chiesa cristiana debba succedere una nuova chiesa, indicata dalla nuova Gerusalemme che discende dal cielo (Ap. 21:2, 10). Il motivo per cui il Signore provvede affinché una nuova chiesa succeda alla chiesa precedente distrutta, è descritto in Insegnamenti sulla Sacra Scrittura, dal n. 104 al n. 113.

329. IV. Ciò significa che nessuno è predestinato all’inferno, ma solo al cielo. In Cielo e inferno, pubblicato a Londra nel 1758 (dal n. 545 al n. 550) è stato mostrato che il Signore non precipita nessuno all’inferno, ma che lo spirito vi si getta da solo. Ciò accade ad ogni malvagio e ad ogni empio dopo la morte, ed anche ad ogni malvagio e ad ogni empio in questo mondo, con la differenza che nel mondo egli si può riformare, abbracciare ed assorbire in sé i mezzi di salvezza; ma non gli è più possibile dopo la sua uscita dal mondo. I mezzi di salvezza sono i seguenti:

1° Fuggire i mali perché sono contro le leggi Divine del Decalogo.

2° Riconoscere che vi è un Dio. Questo ognuno lo può fare, purché non ami i mali, poiché il Signore fluisce continuamente nella volontà dell’uomo con il potere di fuggire i mali, e nell’intelletto con il potere di pensare che vi è un Dio. Tuttavia nessuno può fare una cosa senza fare l’altra. Questi due punti sono uniti come le due tavole del Decalogo, una del Signore e l‘altra dell’uomo. Il Signore, in virtù della sua tavola, illumina tutti gli uomini e dà loro potere; ma essi ricevono l’illuminazione ed il potere nella misura in cui compiono ciò che è scritto nella loro tavola. Prima che essi compiano ciò che spetta loro, le due tavole appaiono come poste l’una sull’altra, e chiuse con un sigillo. Ma nella misura in cui l‘uomo fa le cose che sono scritte sulla sua tavola, esse si dissigillano e si aprono.

[2] Che cos’è oggi il Decalogo se non un opuscolo o un libriccino chiuso, e aperto solamente dai fanciulli e dai bambini? Si provi a dire a un adulto: «Non fare questo perché è contro il Decalogo». Presterà forse attenzione a queste parole? Ma se gli viene detto: «Non fare questo perché è contro le leggi divine», allora può prestarvi attenzione; eppure i comandamenti del Decalogo non sono altro che le leggi Divine. Ne ho fatto esperienza nel mondo spirituale con molte persone, le quali, quando venne loro parlato del Decalogo o del catechismo, lo rigettarono con disprezzo. La causa di ciò è che il Decalogo nella seconda tavola, che è la tavola dell’uomo, insegna che si devono fuggire i mali; e colui che non li fugge – sia per indole malvagia, sia per la persuasione religiosa che le opere non giovino a nulla, e che la fede sia la sola cosa necessaria – prova un certo disprezzo quando sente nominare il Decalogo o il catechismo, come se sentisse nominare qualche libro d’infanzia ormai inutile.

[3] Si sono dette queste cose affinché si sappia che a nessuno manca la conoscenza dei mezzi grazie ai quali può essere salvato, né il potere, se vuole essere salvato. Ne consegue che tutti sono predestinati al cielo, e nessuno è predestinato all’inferno. Ma poiché presso alcuni è invalsa la persuasione in una predestinazione alla non salvezza, cioè alla dannazione, e questa persuasione è perniciosa, e non può essere eliminata se la ragione non si accorge della follia e della crudeltà insite in essa, è necessario trattarne in quest’ordine:

Una predestinazione che non sia per il cielo è contro il Divino amore e la sua infinità.

Una predestinazione che non sia per il cielo è contro la Divina sapienza e la sua infinità. Supporre che si salvino solamente coloro che sono nati nel grembo della chiesa è un’eresia insensata.

Supporre che alcuni uomini siano predestinati alla dannazione è un’eresia crudele.

330. Per dimostrare quanto è perniciosa la credenza nella predestinazione, così com’è comunemente intesa, è necessario esaminare ed argomentare queste quattro affermazioni.

Primo. Una predestinazione che non sia per il cielo è contro il Divino amore e la sua infinità. È stato mostrato in Divino amore e Divina sapienza Che Jehovah o il Signore è il Divino amore, e che questo amore è infinito, ed è la realtà essenziale di ogni vita; e inoltre che l’uomo è stato creato ad immagine di Dio, secondo la somiglianza di Dio. Poiché ogni uomo (si veda n. 328) viene formato dal Signore nell’utero, in quella immagine, secondo quella somiglianza; ne consegue che il Signore è il Padre celeste di tutti gli uomini, e che gli uomini sono suoi figli spirituali; così infatti Jehovah o il Signore è chiamato nella Parola, e così sono chiamati gli uomini. Perciò egli dice:

Non chiamate padre il vostro padre sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, colui che è nei cieli (Matteo 23:9)

Con ciò si intende che egli solo è il Padre quanto alla vita, e che il padre terreno è tale solo riguardo all’abito della vita, che è il corpo. Dunque nel cielo nessun altro si chiama Padre, eccetto il Signore. Molti passi nella Parola indicano chiaramente che gli uomini che non invertono quella vita si chiamano figli, generati da Dio.

[2] Si può dunque comprendere che il Divino amore è in ogni uomo, sia egli malvagio o buono. Di conseguenza il Signore, che è il Divino amore, non può agire con gli uomini che come un padre sulla terra coi suoi figli, e infinitamente meglio, perché il Divino amore è infinito; ed egli non può allontanarsi da nessuno, perché la vita di ognuno viene da lui. Sembra che si allontani dai malvagi, ma sono i malvagi che si allontanano da lui; nondimeno, egli amorevolmente li conduce. Perciò il Signore dice:

Chiedete, e vi sarà dato; cercate, e troverete; bussate, e vi sarà aperto. Chi mai tra voi, se il figlio gli chiede del pane, gli dà una pietra? Se dunque voi, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a quelli che gliele domandano! (Matteo 7:7–11)

e altrove:

Egli fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i cattivi, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Matteo 5:45)

È anche noto nella chiesa che il Signore vuole la salvezza di tutti, e non vuole la morte di nessuno. Si può dunque comprendere che una predestinazione che non sia per il cielo è contro il Divino amore.

[3] Secondo. Una predestinazione che non sia per il cielo è contro la Divina sapienza e la sua infinità. Il Divino amore, tramite la sua Divina sapienza, provvede ai mezzi grazie ai quali ogni uomo può essere salvato. Quindi affermare che vi sia una predestinazione che non è per il cielo, significa dire che egli non può provvedere ai mezzi per i quali si ottiene la salvezza, mentre questi mezzi sono alla portata di tutti, come si è mostrato più sopra; e questi mezzi provengono dalla Divina Provvidenza, che è infinita. Se vi sono uomini che non si salvano, è perché il Divino amore vuole che l‘uomo senta in sé la felicità e la beatitudine del cielo, poiché altrimenti non vi sarebbe alcun cielo per lui. Ma questo sentimento può manifestarsi, soltanto se all’uomo appare di pensare e volere da se stesso: perché senza questa apparenza nulla potrebbe essergli dato, ed egli non sarebbe neppure un uomo. È per questo che vi è una Divina Provvidenza, risultante dalla Divina sapienza che scaturisce dal Divino amore.

[4] Tuttavia, ciò non è contrario alla verità che tutti sono predestinati per il cielo, e nessuno lo è per l‘inferno. Se invece i mezzi di salvezza mancassero, allora la negherebbe; ma si è mostrato (nn. 326 e 329) che ognuno è stato dotato dei mezzi di salvezza, e che il cielo è tale che tutti coloro che vivono rettamente (a qualsiasi religione appartengano) vi hanno il loro posto. L’uomo è come la terra che produce frutti di ogni specie: in virtù di questa facoltà, la terra è la terra. Se essa produce anche frutti cattivi, ciò non le toglie la facoltà di produrre anche dei buoni frutti; ma questa facoltà le sarebbe tolta qualora non potesse produrre che frutti cattivi. L’uomo è anche come un oggetto che trasforma i raggi di luce che lo colpiscono. Se egli mostra solo colori sgradevoli la colpa non è della luce: i raggi di luce possono essere mutati anche in colori piacevoli.

[5] Terzo. Supporre che si salvino solamente coloro che sono nati nel grembo della chiesa è un’eresia insensata. Coloro che sono nati fuori della chiesa sono uomini, così come lo sono coloro che sono nati nel suo seno. Essi hanno la stessa origine celeste; sono ugualmente anime viventi e immortali. Hanno anche una religione in virtù della quale riconoscono che vi è un Dio, e che si deve vivere bene; e colui che riconosce un Dio e vive bene, diviene spirituale al livello che gli è proprio e si salva, come si è mostrato più sopra (n. 326). Qualcuno potrebbe obiettare che non sono battezzati; ma il battesimo salva solo coloro che sono stati lavati spiritualmente, vale a dire rigenerati. Il battesimo è un simbolo e un memoriale della rigenerazione.

[6] Si potrebbe obiettare che essi non conoscono il Signore, e che senza il Signore non c’è salvezza; ma nessuno si salva per il solo fatto di conoscere il Signore: l’uomo si salva perché vive secondo i comandamenti del Signore. Il Signore è conosciuto da chiunque riconosce un Dio, poiché il Signore è il Dio del cielo e della terra, come insegna egli stesso (Matteo 28:18, e altrove). Inoltre, coloro che sono fuori della chiesa hanno l’idea di un Dio personale più dei cristiani; e coloro che hanno l‘idea di un Dio personale e vivono bene sono accolti dal Signore. Essi riconoscono altresì che Dio è uno in persona e in essenza, diversamente dai cristiani; e pensano a Dio nella loro vita, poiché considerano i mali come peccati contro Dio, e coloro che li considerano così, significa che pensano a Dio nella loro vita. I cristiani ricevono i comandamenti della loro religione dalla Parola, ma pochi sono coloro che li mettono realmente in pratica nella loro vita.

[7] I cattolici romani non leggono la Parola; e i riformati, che credono alla fede separata dalla carità, non prestano attenzione alle cose che la Parola dice riguardo alla vita, ma solamente a quelle che riguardano la fede, nonostante il fatto che tutta la Parola non sia che una dottrina della vita. Il cristianesimo si trova solo in Europa, l’Islam e le altre religioni non-cristiane si trovano in Asia, nelle Indie, in Africa e in America. Il genere umano in queste parti del globo è dieci volte più numeroso del genere umano che è nella parte del mondo cristiano; e in questa parte pochi sono coloro che mettono in atto la religione nella vita. Cosa dunque può esservi di più folle che credere che solo i cristiani siano salvati, mentre gli altri siano dannati, e che all’uomo spetti il cielo per diritto di nascita e non per modo di vita? Perciò dice il Signore:

Io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente, e siederanno a tavola con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli; ma i figli del regno saranno rigettati (Matteo 8:11, 12)

[8] Quarto. Supporre che alcuni uomini siano predestinati alla dannazione è un’eresia crudele. È infatti crudele credere che il Signore, che è lo stesso amore e la stessa misericordia, consenta al fatto che una grande moltitudine di uomini nasca per l‘inferno, o che tante miriadi di persone nascano dannate ed esecrate, cioè nascano come diavoli e satani; e che in virtù della sua Divina sapienza egli non provveda affinché coloro che vivono bene e riconoscono un Dio non siano gettati nel fuoco e nell’eterno tormento. Il Signore è anche il creatore e il salvatore di tutti, egli solo conduce tutti, e non vuole la morte di nessuno; dunque è crudele credere e pensare che una così grande moltitudine di nazioni e di popoli, sotto la sua guida e il suo sguardo, siano dati in preda al diavolo per predestinazione.

1Titolo originale dell’opera Doctrina vitae pro Nova Hierosolyma ex praecepti Decalogi, ora accorpato nel volume Vita e fede.

2Titolo originale dell’opera Doctrina Novae Hierosolymae de fide, ora accorpato nel volume Vita e fede.

3 L’uomo spirituale è l’uomo nella sua essenza autentica che vive (la vita reale è quella dello spirito, essendo il corpo una manifestazione dello spirito dell’uomo, nel mondo) insieme al corpo nel mondo, e sopravvive alla morte del corpo nel mondo. Strutturalmente, l’uomo spirituale è un duplice ricettacolo destinatario del Divino amore e della Divina sapienza. Invero, la ricezione secondo il Divino ordine dell’amore e della sapienza Divine (cioè vivere conformemente al precetti del Decalogo) rende autentica la vita dello spirito, la ricezione di questi in un modo contrario al Divino ordine (cioè vivere nel dispregio dei precetti del Decalogo, in primis, non riconoscere il Divino e non conformare la propria vita ai precetti del Decalogo), fa di quella vita, la morte dello spirito ovvero la dannazione; questa è la distruzione dell’immagine e della somiglianza con il Divino, prodotta dalla separazione dell’uomo e dal suo contorcersi nell’amore di sé e nell’amore del mondo.

 

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